Appuntamenti gruppo di Torre Maina

AMORE PER SEMPRE E SESSO superiori: 24/04/2010 [letture: 3]


LA STORIA DEL PRINCIPE D'ORLEANS
dal libro "il sogno dell'amore per sempre"  Ugo Borghello, ed. Ares
" L'amore vero è eterno, perché realizza al meglio la natura umana, che non cambia con il passare del tempo. Si può imparare ad amare leggendo i classici e le storie del passato. Tra i classici posso suggerire Tolstoi, e concretamente Anna Karenina; tra le storie vere posso citare quella di Ferdinand-Philippe, principe d'Orleans e di Sophie-Charlotte di Wittelsbach.
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Costei, diciannovenne venne fidanzata con il Re di Baviera, il noto Ludwing, omosessuale e innamorato della musica di Wagner, che rimandava sempre le nozze finché non le disse che mai avrebbe potuto sposarla perché il suo unico amore era per la musica wagneriana. Già propensa alla depressione (allora la si chiamava melanconia), ella entrò in piena crisi, dalla quale uscì parzialmente incontrando Ferdinand-Philippe, con cui si sposò. Per lui fu il primo amore, e anche l'ultimo, come un giorno le disse: «Io ti ho amata con il più tenero affetto di questa terra, perché ti ho amata di un amore eterno in quanto è un amore cristiano». Le diceva ciò già in mezzo alle frequenti anomalie della moglie, sempre più in preda alla depressione, tratto caratteristico dei Wittlesbach. Come racconta Fulton Scheen nel suo stupendo libro Tre per sposarsi (il terzo è Dio, naturalmente), con una intuizione profetica delle esigenze di lei, il giovane marito cominciò una patetica, appassionata lotta per strapparla alla morte dell'instabilità mentale e alle ricorrenti ricadute in forme penose. Sophie era lontana dalla religione; un giorno a Roma videro una antica tomba con la scritta: «Sofronia, possa tu vivere».

Da allora, centinaia di volte al giorno il marito recitò per la moglie questa invocazione: «Sophie, possa tu vivere», che più tardi si mutò in un'affermazione: «Sophie tu vivrai». Dopo molti anni di patimenti, egli disse alla moglie in uno dei rari momenti di lucidità: «Non ti ho detto nulla per non turbarti, ma ti ho vegliata in silenzio. Nel giorno delle nostre nozze Dio ti ha data a me, anima e corpo. Se per disgrazia tu dovessi cadere, mia sarebbe la colpa, perché sono io che rispondo di te e non ti avrei saputo proteggere». Giunta a trentasei anni ella emerse dalla sua malattia, in virtù della dedizione del marito. Si fece terziaria francescana e si dedicò alla carità; aiutava molti e tanti ricorrevano a lei per consigli. La tristezza si tramutò in una gioia sempre più profonda. A cinquant'anni organizzò una Fiera di beneficenza sotto un tendone da circo, a Parigi. L'attrazione era costituita da una recente invenzione: una macchina cinematografica. Ma quell'apparecchio prese fuoco e incendiò il tendone; le uscite erano intasate, lei rimase per ultima e morì cercando di proteggere una bambina, dicendo: «Tra pochi minuti vedremo Dio». Il marito fu travolto e si riprese in ospedale, dove fu informato della morte di Sophie; le sue prime parole furono: «Oh Dio, so bene che non debbo chiederti il perché!» poi sorrise, cambiando l'antica giaculatoria: «Sophie, tu vivi».

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